La dermatite seborroica colpisce più frequentemente gli uomini rispetto alle donne, in un rapporto di 6 a 4 ed è diffusissima: ne soffre una percentuale compresa tra il 3 e il 5% della popolazione mondiale, secondo i dati forniti da una overview condotta dall’American Family Phisician.
Anche la cosiddetta crosta lattea del neonato è una forma di dermatite seborroica che però tende a guarire entro i primi tre mesi di vita, non appena il bambino si “libera”, per così dire, degli ormoni materni che ha assorbito durante la gestazione. Ma per questo caso, autolimitante, ci sono tutti gli altri casi di pazienti che vedono comparire le lesioni in età più avanzata, magari addirittura a partire dalla tarda adolescenza. In questo caso il decorso del disturbo è cronico e – almeno fino ad oggi – difficile da trattare in maniera soddisfacente. Ad oggi le terapie più utilizzate per combattere la dermatite seborroica sono a base di cortisonici. Farmaci che nelle prime applicazioni assicurano una rapida diminuzione dell’infiammazione e restituiscono un aspetto accettabile alla cute. Ma il cortisone, a lungo andare, diminuisce le difese immunitarie della pelle che diventa così più fragile, meno resistente all’aggressione di funghi e batteri. Inoltre il cortisone, per mantenere la sua efficacia terapeutica, necessita di un progressivo aumento delle dosi. E quindi, alla lunga, i primi parziali successi contro la dermatite seborroica vengono vanificati da altri disturbi o, più semplicemente, dall’impossibilità di utilizzare il cortisone in dosi eccessive. Tutto ciò conferma che una soluzione più a lungo termine contro la dermatite seborroica non deve passare solo attraverso il contenimento del fenomeno infiammatorio, che è cronico e quindi destinato a ripresentarsi nel tempo, ma può essere utile favorire il ripristino dell’equilibrio di fondo della cute. E Alukina ha dimostrato di essere in grado di svolgere questa funzione.